Cresce l’ Ict mondiale, cala quella italiana.

Cresce l’ Ict mondiale, cala quella italiana.

Dai dati Assinform 2014 emerge chiaramente la conferma della tendenza negativa registratasi negli ultimi quattro anni: cresce l’ Ict mondiale, cala quella italiana.

Infatti tra il 2009/2012 il calo medio annuo risultava dell’1,8%, a dispetto dei trend internazionali. Nello stesso periodo, infatti, l’Ict mondiale è cresciuta alla media annua del 3,8%, con punte del 6,6% nell’area asiatica. Il mercato digitale italiano risulta in affanno anche rispetto all’europeo. Ma il dato più significativo arriva dalla scarsità di investimenti Ict rispetto al Pil. Nel nostro Paese si attesta al 4,8% a fronte di una media Ue28 già al 6,5%. Con Germania in salita del 6,8% e Regno Unito capofila con il 9,6%.

In termini economici parliamo per l’Italia di una differenza sostanziosa di 25 miliardi di euro annui rispetto alla media europea.

La domanda è: come mai?

Questa riduzione di investimenti ci spaventa molto anche perché c’è un forte legame tra investimenti Ict, produttività e crescita delle aziende. 

Una prima risposta arriva dai manager italiani di pmi: non capiamo l’ICT, per questo non investiamo. La digitalizzazione è importante, ma come valutare le tecnologie? Sono necessarie competenze specifiche e strumenti che i manager spesso non hanno.

Riportiamo di seguito l’articolo di ICT4EXECUTIVE che condividiamo pienamente.

E’ l’interessante conclusione di un’indagine online sulla “Digital Transformation”, effettuata tramite un questionario della SDA Bocconi proposto su Impresa Digitale, il portale di Repubblica/Affari e Finanza e IBM Italia, e compilato da 500 aziende, di cui il 68% di piccole e il 30% di medie dimensioni.

Una prima sorpresa quindi è il livello di consapevolezza dei manager italiani – hanno risposto non solo CIO e CTO, ma anche direttori operativi, marketing e amministrativi – sull’importanza della digitalizzazione: i dati relativi all’attenzione verso le tecnologie digitali sono notevolmente più alti di quelli dell’effettiva adozione.

Finora sono state digitalizzate soprattutto le funzioni amministrative e gestionali (53% del campione), mentre tutte le altre hanno percentuali molto più basse, così come la fruizione via Mobile dei principali processi aziendali.

Questo significa che le imprese italiane hanno investito in buon numero solo nella prima fase della digitalizzazione: quella dell’automazione e della dematerializzazione, che produce i più evidenti risultati in termini di taglio di costi (e posti di lavoro).

Manca un salto culturale, quello che richiede di saper valutare e introdurre applicazioni che cambiano completamente processi, organigrammi, ruoli e modalità di interazione con i clienti e sviluppo dei prodotti, dall’e-commerce alle piattaforme social.

È un problema sistemico, spiegano i ricercatori, che le imprese non possono affrontare da sole perché presuppone una revisione degli stessi concetti di base della formazione universitaria in Italia, che per ora forma figure ben distinte di manager tecnologici, e di executive gestionali che non hanno le basi sufficienti per un approccio moderno ed efficace all’IT management.

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